Ladyvette
www.ladyvette.it - Wikipedia
Ladyvette creano un nuovo varietà fatto di pezzi inediti in pieno stile vintage,
classici della musica pop anni ’80 e ’90 reinterpretati in chiave swing con
intermezzi teatrali. Imparando dagli anni ’50, momento di forte rinascita
creativa in opposizione alla guerra, tre attrici/cantanti, in questo periodo così
traballante, hanno deciso di ridere in faccia alla crisi diventando quello che
avrebbero sempre desiderato essere:
Sugar Teresa Federico, Pepper Valentina Ruggeri e Honey Francesca Nerozzi,
le tre Dive, anzi Divette.
In quattro anni di attività Ladyvette sono state ospiti de: Summer Jamboree,
Dolce Vita Festival in Croazia, Roma Vintage e Casa del Jazz, Micca e Cotton
Clubs, Kino, Libreria del Cinema e Fabrique du Cinema. Per la tv nella
trasmissione RAI “Community, l’altra Italia”, e nella stagione 2014-2015 ospiti
fisse della trasmissione “Sette note” di G. Marzullo in onda su RAI 1.
Hanno inoltre prestato il loro volto nello spot tv Algida e nella pellicola “Radio
Cortile” regia di Francesco Bonelli.
Ad ottobre 2014 hanno suonato nel prestigioso jazz club londinese Ronnie
Scott’s e collaborano costantemente con la stilista inglese Vivien of Holloway,
specializzata in abiti anni ’50. Hanno duettato con artisti come Chiara Civello,
Renzo Arbore e Claudio “Greg” Gregori.
Ad ottobre 2015 hanno suonato nei migliori Club di New York (tra cui il
Birdland e il Joe’s Pub).
Hannoo suonato, al fianco di Anastacia, al galà di beneficenza di Children for
Peace. Nel 2016 sono nel cast della fiction “Il Paradiso delle Signore” RAI1 e
hanno appena finito di girare la seconda serie che andrà in onda nell’autunno
2017, che le vede sia attrici che autrici e interpreti della colonna sonora che ha
vinto il Premio Colonne Sonore 2015.
Nel 2017 Hanno debuttato con il loro primo spettacolo teatrale “Le Dive dello
Swing” con la regia di Massimilano Vado la direzione musicale di Roberto Gori
e la supervisione artistica di Lillo Petrolo all’ interno della rassegna “Una Stanza
Tutta per lei” di Marioletta Bideri al teatro Brancaccino di Roma.
Hanno appena Vinto il Premio Margutta 2017 nella categoria Musica.
Inoltre tutte le prestigiose recensioni, uscite sul Corriere della Sera e
Repubblica, le acclamano come le “ironiche Dive nei giorni nostri".
Le loro musiche e gli arrangiamenti sono a cura di Roberto Gori, vincitore
di un Disco D’Oro 1996 e premio “Nino Rota” 2016.
Testi a cura di Teresa Federico, coreografie a cura di Francesca Nerozzi
Ladyvette creano un nuovo varietà fatto di pezzi inediti in pieno stile vintage,
classici della musica pop anni ’80 e ’90 reinterpretati in chiave swing con
intermezzi teatrali. Imparando dagli anni ’50, momento di forte rinascita
creativa in opposizione alla guerra, tre attrici/cantanti, in questo periodo così
traballante, hanno deciso di ridere in faccia alla crisi diventando quello che
avrebbero sempre desiderato essere:
Sugar Teresa Federico, Pepper Valentina Ruggeri e Honey Francesca Nerozzi,
le tre Dive, anzi Divette.
In quattro anni di attività Ladyvette sono state ospiti de: Summer Jamboree,
Dolce Vita Festival in Croazia, Roma Vintage e Casa del Jazz, Micca e Cotton
Clubs, Kino, Libreria del Cinema e Fabrique du Cinema. Per la tv nella
trasmissione RAI “Community, l’altra Italia”, e nella stagione 2014-2015 ospiti
fisse della trasmissione “Sette note” di G. Marzullo in onda su RAI 1.
Hanno inoltre prestato il loro volto nello spot tv Algida e nella pellicola “Radio
Cortile” regia di Francesco Bonelli.
Ad ottobre 2014 hanno suonato nel prestigioso jazz club londinese Ronnie
Scott’s e collaborano costantemente con la stilista inglese Vivien of Holloway,
specializzata in abiti anni ’50. Hanno duettato con artisti come Chiara Civello,
Renzo Arbore e Claudio “Greg” Gregori.
Ad ottobre 2015 hanno suonato nei migliori Club di New York (tra cui il
Birdland e il Joe’s Pub).
Hannoo suonato, al fianco di Anastacia, al galà di beneficenza di Children for
Peace. Nel 2016 sono nel cast della fiction “Il Paradiso delle Signore” RAI1 e
hanno appena finito di girare la seconda serie che andrà in onda nell’autunno
2017, che le vede sia attrici che autrici e interpreti della colonna sonora che ha
vinto il Premio Colonne Sonore 2015.
Nel 2017 Hanno debuttato con il loro primo spettacolo teatrale “Le Dive dello
Swing” con la regia di Massimilano Vado la direzione musicale di Roberto Gori
e la supervisione artistica di Lillo Petrolo all’ interno della rassegna “Una Stanza
Tutta per lei” di Marioletta Bideri al teatro Brancaccino di Roma.
Hanno appena Vinto il Premio Margutta 2017 nella categoria Musica.
Inoltre tutte le prestigiose recensioni, uscite sul Corriere della Sera e
Repubblica, le acclamano come le “ironiche Dive nei giorni nostri".
Le loro musiche e gli arrangiamenti sono a cura di Roberto Gori, vincitore
di un Disco D’Oro 1996 e premio “Nino Rota” 2016.
Testi a cura di Teresa Federico, coreografie a cura di Francesca Nerozzi
Gli Otium
Gli Otium debuttano con “Nessun negoziato” distribuito da La Stanza Nascosta Records. Il duo romano sforna ironia e testi serratissimi, raccontando di quello che spesso ci viene imposto, perchè se non sei così e non ti comporti in un certo modo, sei un “escluso” dalla società moderna. Da qui un elenco di persone e personaggi, di musica che (non) cambia, di occhi che si guardano in giro in cerca di altri occhi, di volti. Sicuramente le parole sono più forti della musica in sé, per gli Otium, che comunque spaziano da un genere all'altro, per dare ad ogni brano una veste diversa e puntuale.
“Musica nel traffico” è un “caos calmo” fatto di chitarra fitta e di una batteria che entra a colorare la parte vocale, più piatta, non effettata, che procede liscia: “Via di qua, voglio andare via di qua, io non ci resto un minuto di più, qui non c'è libertà, non c'è musica...” e un riso amaro perchè “nelle tue regole non c'è poesia”... in “Trastevere” entra in gioco l'atteggiamento da teatro-canzone con Marco e Michele che raccontano la ricerca di identità, di una strada, di un amore: “Gli spacciatori vendono, nascosti dietro l'angolo, la sola via di fuga alla realtà che dà qualche grammo di felicità”, la felicità zingara della fisarmonica. La parte spaziale serve a fermare la mente sul paesaggio romano... nel pieno mood alla “Walk on the Wild Side” di Lou Reed, citata altresì palesemente, gli Otium buttano giù chitarre in “Marta”, che è il sunto del pop italiano “nostalgico” di ieri, che è un po' l'it-pop di oggi: “Cinzia non va più con Piero, Anna non ama più Marco, ma proprio in quel parco c'è Candy che si dà”, procedendo, nella ritmica e nella vocalità canzonata alla Rino Gaetano di “Berta filava”.
In “Papa Francesco” - più attuale che mai – il piano e le acustiche sorreggono il pezzo: “Tu sei un Papa buono e di sinistra col tuo piglio riformista sono certo che ti domandi del mistero della Orlandi o dello scandalo dei fondi, della 'ndrangheta allo Ior” e gli Otium risultano ficcanti, decisi, convincenti in primis nella scrittura. Stesso discorso in “Il dittatore asiatico” in cui si fa riferimento – tra qualche campionamento – al coreano Kim Jong-il: “Non c'è più niente da fare, tutto da dimenticare, tu dolce amore mio, non hai capito niente, tu cosa ne sai di me, dimmi che ne sai”, perchè è l'amore che muove tutto, “è una necessità”... L'elettronica d'antan si adagia su “Fighetta”, curiosi gli Otium soprattutto quando dopo passano a “Sofia”, “l'unica donna”; col suo pianoforte ben in mostra fino a quando non entrano, nel chorus, le chitarre elettriche massicce come presa di coscienza e un pizzico di follia perchè “lei se n'è andata”.
Folk è “L'Olimpica”, con il canto a due voci contemporaneamente, come in gran parte del disco. Nel singolo “Ciao sono quel Dio” suoni finto-anni '90 “a rimirar le stelle” in cerca di un'ancora a cui appigliarsi quotidianamente. “Altri inferni” arriva non a caso, con gli amanti, le divine commedie, le tragiche fini, i gelidi addii. Una ballad dal mood ancora una volta folk. “Chantal” è interessante nell'incedere in cui la voce e il testo si sposano con i synth e gli strumenti, in equilibro: “Amo la faccia che ho e l'espressione che mi dà, ogni ruga sul mio viso ha dato forma al mio sorriso, è la mia identità”, un'identità che ritorno negli Otium che vogliono ribadire l'importanza del trovarsi o del “ritrovarsi”. Tanto testo meno e spazio lasciati al respiro strumentale.
“Anita” si apre con le percussioni e l'ironia marchio di fabbrica del duo: “Non lasciarmi mai Anita, altrimenti potrei farla finita, senza te” come era un po' per “Marta”. Una 'bacchettata' alla musica commerciale di oggi. Invece rock è “Il candidato”: “Il terremoto, la crisi sociale, la sicurezza, il mercato globale, la convergenza politica istituzionale, trasversale...” un elenco di 'rogne' che dimostrano solo quanto in questa vita siamo “reclute”. Il finale dell'album è lasciato allo swing di “Buone Feste”, ma di sereno non c'è molto se non “fuggire da qua”, dalle convenzioni, dalla società imposta. E' nella seconda parte il vero momento musicale dell'intero disco.
“Musica nel traffico” è un “caos calmo” fatto di chitarra fitta e di una batteria che entra a colorare la parte vocale, più piatta, non effettata, che procede liscia: “Via di qua, voglio andare via di qua, io non ci resto un minuto di più, qui non c'è libertà, non c'è musica...” e un riso amaro perchè “nelle tue regole non c'è poesia”... in “Trastevere” entra in gioco l'atteggiamento da teatro-canzone con Marco e Michele che raccontano la ricerca di identità, di una strada, di un amore: “Gli spacciatori vendono, nascosti dietro l'angolo, la sola via di fuga alla realtà che dà qualche grammo di felicità”, la felicità zingara della fisarmonica. La parte spaziale serve a fermare la mente sul paesaggio romano... nel pieno mood alla “Walk on the Wild Side” di Lou Reed, citata altresì palesemente, gli Otium buttano giù chitarre in “Marta”, che è il sunto del pop italiano “nostalgico” di ieri, che è un po' l'it-pop di oggi: “Cinzia non va più con Piero, Anna non ama più Marco, ma proprio in quel parco c'è Candy che si dà”, procedendo, nella ritmica e nella vocalità canzonata alla Rino Gaetano di “Berta filava”.
In “Papa Francesco” - più attuale che mai – il piano e le acustiche sorreggono il pezzo: “Tu sei un Papa buono e di sinistra col tuo piglio riformista sono certo che ti domandi del mistero della Orlandi o dello scandalo dei fondi, della 'ndrangheta allo Ior” e gli Otium risultano ficcanti, decisi, convincenti in primis nella scrittura. Stesso discorso in “Il dittatore asiatico” in cui si fa riferimento – tra qualche campionamento – al coreano Kim Jong-il: “Non c'è più niente da fare, tutto da dimenticare, tu dolce amore mio, non hai capito niente, tu cosa ne sai di me, dimmi che ne sai”, perchè è l'amore che muove tutto, “è una necessità”... L'elettronica d'antan si adagia su “Fighetta”, curiosi gli Otium soprattutto quando dopo passano a “Sofia”, “l'unica donna”; col suo pianoforte ben in mostra fino a quando non entrano, nel chorus, le chitarre elettriche massicce come presa di coscienza e un pizzico di follia perchè “lei se n'è andata”.
Folk è “L'Olimpica”, con il canto a due voci contemporaneamente, come in gran parte del disco. Nel singolo “Ciao sono quel Dio” suoni finto-anni '90 “a rimirar le stelle” in cerca di un'ancora a cui appigliarsi quotidianamente. “Altri inferni” arriva non a caso, con gli amanti, le divine commedie, le tragiche fini, i gelidi addii. Una ballad dal mood ancora una volta folk. “Chantal” è interessante nell'incedere in cui la voce e il testo si sposano con i synth e gli strumenti, in equilibro: “Amo la faccia che ho e l'espressione che mi dà, ogni ruga sul mio viso ha dato forma al mio sorriso, è la mia identità”, un'identità che ritorno negli Otium che vogliono ribadire l'importanza del trovarsi o del “ritrovarsi”. Tanto testo meno e spazio lasciati al respiro strumentale.
“Anita” si apre con le percussioni e l'ironia marchio di fabbrica del duo: “Non lasciarmi mai Anita, altrimenti potrei farla finita, senza te” come era un po' per “Marta”. Una 'bacchettata' alla musica commerciale di oggi. Invece rock è “Il candidato”: “Il terremoto, la crisi sociale, la sicurezza, il mercato globale, la convergenza politica istituzionale, trasversale...” un elenco di 'rogne' che dimostrano solo quanto in questa vita siamo “reclute”. Il finale dell'album è lasciato allo swing di “Buone Feste”, ma di sereno non c'è molto se non “fuggire da qua”, dalle convenzioni, dalla società imposta. E' nella seconda parte il vero momento musicale dell'intero disco.